Il 41% degli italiani vuole cambiare lavoro
Questa settimana parliamo di lavoro: soddisfazione dei dipendenti, durata della carriera e accesso al lavoro per i giovani
Buongiorno,
questa è La settimana in pillole, la newsletter di Pillole di Economia che racconta i temi più importanti della settimana attraverso grafici e dati. Io sono Massimo Taddei, giornalista economico, e vi accompagnerò in questo viaggio.
Di cosa parleremo oggi:
L'Italia è uno dei paesi in cui si vuole cambiare di più lavoro
Gli italiani iniziano a lavorare più tardi e finiscono prima del resto dell’Ue
Il 35% dei giovani italiani si trasferirebbe all’estero per lavoro
Il 41% dei lavoratori italiani sta cercando un nuovo impiego

L’Italia è uno dei paesi europei in cui i dipendenti hanno più voglia di cambiare lavoro. Secondo il Global Workplace Monitor di Gallup per il 2024, solo l’Albania ci supera, con una quota di lavoratori che si sta guardando intorno o sta cercando attivamente un nuovo impiego pari al 42%, contro il 41% del nostro paese.
Gallup non fornisce motivazioni particolari, ma possiamo fare delle ipotesi sul perché questa quota sia così alta, nonostante, tra l’altro, nel nostro paese i lavoratori tendano a mantenere il proprio impiego molto più a lungo rispetto ad altre economie simili alla nostra.
Una possibilità è la ridotta dimensione delle imprese, con le dinamiche aziendali che sono spesso intrecciate a quelle personali, rischiando di creare ambienti tossici. Sempre secondo il report di Gallup, il 46% dei lavoratori dice di provare stress per una buona parte della giornata di lavoro, mentre, mentre il 25% dice di provare tristezza e l’11% rabbia.
Secondo te perché così tanti italiani vogliono cambiare lavoro? Raccontamelo nei commenti!
In Italia si lavora molto meno a lungo che nel resto dell’Unione europea

Le condizioni per il pensionamento sono insostenibili? Andare in pensione a 67 anni è troppo tardi? In realtà, nel nostro paese si lavora per molti meno anni rispetto al resto dell’Unione europea.
Secondo le statistiche Ocse, nel 2022 gli uomini italiani andavano in pensione a 63 anni, mentre le donne a 62. Ben al di sotto delle soglie imposte dalla legge Fornero. Da una parte, questa durata breve della carriera lavorativa può essere vista come un grande vantaggio, dall’altra, però, ha conseguenze economiche rilevanti.
Una vita lavorativa più breve, sia per l’ingresso tardivo nel mercato del lavoro, sia per la maggiore probabilità di una carriera discontinua, sia per l’uscita anticipata, permette di accumulare meno reddito e contributi nel tempo, riducendo il benessere.
Quando poi i servizi dipendono molto dalla spesa pubblica, una carriera lavorativa più breve si traduce in uno “sfruttamento insufficiente delle risorse”. In questo caso, il fattore lavoro. Questo a poi conseguenze sulla sostenibilità economica del sistema, ha partire da quello pensionistico.
1 giovane su 3 lascerebbe l’Italia per lavorare all’estero

Il 35% dei giovani tra 18 e 30 anni è disposto a trasferirsi all’estero per lavorare, come riporta un’indagine Ipsos per la Fondazione Barletta. La ragione è la speranza di trovare opportunità migliori rispetto a quanto possa essere offerto sul mercato del lavoro italiano.
Sono però moltissimi anche i giovani che si sposterebbero all’interno del territorio nazionale: l’85% sarebbe disposto a trasferirsi in un’altra città per trovare un lavoro. Il 18% in tutta Italia, mentre il 32% si sposterebbe all’interno della propria regione o in una regione vicina a quella di origine. Solo il 15% non è disposto a spostarsi dalla propria città di origine.
Fino a quanto ti sposteresti per trovare un buon lavoro? Nella tua regione, in tutta Italia, in Europa o in qualsiasi parte del Mondo?
Ci vediamo a settembre
Dopo quattro mesi, la Settimana in Pillole va in vacanza ad agosto. Ci risentiamo lunedì 2 settembre. Passate delle buone vacanze e grazie per questi primi quattro mesi insieme!
Conosciamoci meglio
Come ti ho raccontato all’inizio della newsletter, io sono Massimo Taddei. Ho studiato economia e ho iniziato a fare il giornalista nel 2019. Da marzo 2023, sono il responsabile editoriale di Pillole di Economia.
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